Metodica n° 6: Polarimetria

Richiami teorici

Il termine chirale deriva dal greco cheir, che significa “mano”. Le mani hanno tra loro la relazione speculare tipica degli enantiomeri. Tra i molti oggetti chirali si possono enumerare le scarpe, le orecchie, le viti e le scale a chiocciola o a elica; d’altra parte esistono numerosi oggetti achirali, quali palle, normali bicchieri, martelli e chiodi. Si tenga bene a mente che l’unico criterio per la chiralità è la natura non sovrapponibile di un oggetto e della sua immagine speculare.

Le molecole che non hanno un piano di simmetria si dicono chirali. Una molecola che possiede una chiralità definita esibisce attività ottica, ossia la capacità di ruotare il piano della luce polarizzata. È possibile osservare tale comportamento ponendo un campione del composto otticamente attivo in un polarimetro.

Nel polarimetro, la luce di un’opportuna fonte luminosa viene fatta passare attraverso un polarizzatore, ossia un materiale che lascia passare la luce in un unico piano di polarizzazione. Un secondo polarizzatore, chiamato analizzatore, è allineato in modo che il suo reticolo sia perpendicolare a quello del primo, così da non lasciare passare il raggio di luce. Se si interpone fra i due polarizzatori una sostanza achirale, in modo che essa venga attraversata dalla luce polarizzata, non si osserva passaggio di luce all’uscita dall’analizzatore. Quando una sostanza chirale viene posta tra i due polarizzatori, mentre il raggio di luce polarizzata l’attraversa, si ottiene la rotazione del piano di polarizzazione e si osserva il passaggio di luce all’uscita dell’analizzatore. Quest’ultimo viene ruotato a sinistra o a destra fino a quando la luce non riesce più ad attraversarlo. L’angolo di rotazione dell’analizzatore è la rotazione osservata, α, del campione. Se un composto provoca una rotazione del piano di polarizzazione in senso orario (verso destra) esso è detto destrogiro (dal latino dexter, destro) e all’enantiomero viene assegnato (arbitrariamente) il segno (+); se provoca una rotazione in senso antiorario (verso sinistra) è detto levogiro (dal latino laevus, sinistro) e viene definito (-). Gli enantiomeri sono designati con il termine isomeri ottici: essi si differenziano per il senso di rotazione del piano della luce polarizzata: hanno lo stesso angolo di rotazione, ma segno opposto.

Il segno e il valore dell’angolo di rotazione α di un composto vanno determinati sperimentalmente.

La luce ordinaria (non polarizzata) può essere considerata come un insieme di onde elettromagnetiche formate dalla simultanea propagazione di un campo magnetico e di un campo elettrico tra loro perpendicolari. Le onde elettromagnetiche oscillano simultaneamente in tutti i piani perpendicolari alla direzione del fascio luminoso.

Essendo la luce un’onda elettromagnetica è possibile descriverne le caratteristiche con le seguenti grandezze fisiche:

λ = lunghezza d’onda (nm)

ν = frequenza (1/T) (Hz)
T = periodo
E = hν (J)
c = λν (m/s)

 

Quando la luce viene fatta passare attraverso il polarizzatore, tutte le onde luminose eccetto una vengono “filtrate” e il raggio uscente oscilla in un solo piano, dando così la luce polarizzata nel piano o planarmente polarizzata.

Per polarizzare la luce si usano dei “filtri” come il prisma di Nicol o le lenti Polaroid.

Quando la luce polarizzata passa attraverso una soluzione contenente un possibile enantiomero di una molecola chirale, gli elettroni intorno ai nuclei e nei diversi legami interagiscono con il campo elettrico del raggio luminoso dando origine a una rotazione del piano di polarizzazione, chiamata rotazione ottica, e tale campione viene definito otticamente attivo.

L’entità della rotazione del piano della luce polarizzata da parte di un particolare campione dipende dal numero di molecole con le quali la luce stessa interagisce. Perciò la rotazione ottica osservata α dipende dalla concentrazione della soluzione contenente il composto chirale, dalla lunghezza della cella all’interno della quale il campione è contenuto (cammino ottico), dalla lunghezza d’onda della luce, dal solvente e dalla temperatura. Per evitare ambiguità, i chimici hanno definito un valore

standard della rotazione specifica (o potere rotatorio specifico) [α] per ogni composto. Questa quantità, che dipende dal solvente, è definita come:

Rotazione specifica

Dove:

[α] = rotazione specifica
T = temperatura in gradi Celsius (T = 20 °C)
λ = lunghezza d’onda incidente; per una lampada a vapori di sodio, quella normalmente usata per questo scopo, la riga di emissione D del sodio (normalmente indicata con D) ha λ=589 nm
α = rotazione ottica osservata in gradi
l = lunghezza della cella in decimetri; il suo valore è spesso 1 (cioè 10 cm)
c = concentrazione (grammi per millilitro di soluzione)

La rotazione specifica di una molecola otticamente attiva è una costante fisica caratteristica di quella molecola, esattamente come il suo punto di fusione, punto di ebollizione e densità.

Gli enantiomeri ruotano il piano della luce polarizzata in egual misura ma in senso opposto. Così, nel caso del 2-bromobutano, l’enantiomero (-) ruota il piano in senso antiorario di 23,1º, mentre la sua immagine speculare, il (+)-2-bromobutano, ruota il piano di 23,1º in senso orario. Ne consegue che una miscela 1:1 degli enantiomeri (+) e (-) non mostra alcuna rotazione ottica ed è di fatto otticamente inattiva. Una miscela di questo tipo viene detta miscela racemica. Se un enantiomero è in equilibrio con la sua immagine speculare, si dice che è soggetto a racemizzazione.

È importante ricordare che non c’è alcuna correlazione diretta tra il segno della rotazione ottica e la configurazione assoluta di un particolare enantiomero. La descrizione della configurazione con R o S non dice quale enantiomero è destrogiro e quale levogiro.

Metodica di laboratorio

Misura del potere rotatorio di una soluzione di zuccheri

1) Accendere la lampada;

2) Controllare l’azzeramento dello strumento – campo uniformemente illuminato (oscurato);

3) Inserire il tubo polarimetrico contenente il campione;

4) Ruotare l’analizzatore verso destra e verificare a quale valore di angolo si scambiano i quadranti neri;

5) Ripetere verso sinistra;

4) Il valore minore determina il verso di rotazione;

6) Riportare la scala a zero ed eseguire la lettura nel verso deciso ruotando l’analizzatore nel verso determinato fino a ritornare nella condizione d’illuminazione di azzeramento.

POTERE ROTATORIO SPECIFICO

Zuccheri
D-galattosio 80.2
D-glucosio (destrosio) 52.7 (*)
D-fruttosio (Levulose) -92.3
Saccorosio 66.5
Saccarosio invertito -20.2
Maltosio 137.3
Lattosio 55.3
D-mannosio 14.5
D-ribosio -23.7

 

(*) Nei monosaccaridi otticamente attivi si manifesta il fenomeno di mutarotazione, il quale consiste nella progressiva variazione del potere rotatorio specifico da un valore iniziale ad uno stazionario. Esso è contestuale al discioglimento dei monosaccaridi in un solvente polare.

Strumenti di misura:

  • Polarimetro con tubo polarimetrico da 1 e 2 dm
  • Bilancia tecnica (s = 1 mg)

Materiale:

  • Becker da 50 mL

  • D-glucosio

  • D-fruttosio

  • Saccarosio

  • Lattosio

Misura dell’angolo di rotazione di uno zucchero

Procedura:

  • Preparare soluzioni al 2% dei vari zuccheri disponibili in 25 mL d’acqua (non è indispensabile il matraccio, basta che la misura dell’acqua sia precisa);

  • Porle nei tubi polarimetrici da 1 o da 2 dm ed effettuare le misure;

  • azzerare lo strumento (0-0) prima di ogni lettura.