Metodica n° 7: Separazione dei pigmenti di spinaci e carote per TLC

Richiami teorici

La fotosintesi è il processo attuato dagli organismi autotrofi per produrre glucosio a partire da acqua e diossido di carbonio, utilizzando come fonte di energia la luce solare assorbita da un particolare pigmento fotosensibile, la clorofilla. La reazione complessiva della fotosintesi è così schematizzabile:

 

La fotosintesi si svolge all’interno dei cloroplasti, nei quali si trovano due varietà del pigmento verde clorofilla, la clorofilla a e la clorofilla b, sensibili a due lunghezze d’onda leggermente diverse. Entrambi i tipi di clorofilla sono in grado di assorbire la luce blu e quella rossa, mentre non assorbono la luce verde e quella gialla, che vengono riflesse, ed è per questo che le cellule contenenti i cloroplasti appaiono di colore verde. La clorofilla, quindi, è il pigmento che conferisce alle piante la colorazione verde ed è contenuta nei cloroplasti, gli organuli fotosintetizzanti.

 

Tuttavia, nelle membrane tilacoidali si trovano anche altri pigmenti (che assorbono lunghezze d’onda della luce diverse da quelle utilizzate dalla clorofilla) che variano dal giallo all’arancione al rosso, chiamati carotenoidi. Esistono vari tipi di pigmenti fotosintetici poiché ogni tipo di pigmento di colore diverso è specializzato nel catturare solo un determinato intervallo di lunghezze d’onda della luce. La presenza di più pigmenti garantisce un maggiore assorbimento di luce e, quindi, di energia.

Sia la clorofilla a, sia la clorofilla b chimicamente sono costituite da un anello tetrapirrolico (porfirinico) associato a uno ione magnesio centrale. Una lunga catena idrocarburica non polare attaccata all’anello àncora la parte carica dell’anello della molecola di pigmento negli strati lipidici non polari delle membrane del tilacoide.

 

I carotenoidi sono una classe di pigmenti organici costituiti da una lunga catena di atomi di carbonio, in cui si alternano legami semplici e doppi (sistema coniugato), spesso terminante in un anello. La struttura della catena permette di dividere i carotenoidi in due classi: le xantofille, tendenti al giallo, costituite da catene contenenti atomi di ossigeno, e i caroteni, tendenti all’arancione, costituiti invece da molecole prive di ossigeno e formate solo da carbonio e idrogeno. Le xantofille e i caroteni sono del tutto non polari e possono facilmente inserirsi nelle membrane del tilacoide.

 

Quando in autunno la produzione di clorofilla viene meno, le foglie diventano rosse e gialle, infatti i colori dei carotenoidi normalmente sono coperti dal verde intenso della clorofilla.

Estrarremo i pigmenti (clorofille e carotenoidi) e li separeremo mediante una tecnica che si chiama cromatografia.

Dal punto di vista chimico, l’estrazione è una tecnica di separazione: consente di sciogliere in un solvente alcune sostanze (in questo caso i pigmenti) e non altre, che possono essere solide oppure che si trovano in un solvente non miscibile con il primo. Attraverso questo primo procedimento porteremo in soluzione i pigmenti e li separeremo dagli altri componenti della foglia. Successivamente, suddivideremo ulteriormente i vari pigmenti attraverso un’altra tecnica di separazione, la cromatografia. La cromatografia è una tecnica di separazione basata sulla diversa velocità di migrazione con cui più sostanze depositate su un supporto adatto (carta da filtro, gel di silice o allumina, ecc.) vengono trasportate da un fluido detto eluente e si stratificano in posizioni differenti sul supporto. La cromatografia si basa sul fatto che differenti componenti di una miscela tendono ad avere affinità diverse tra due fasi: la fase stazionaria (quella del supporto) e la fase mobile (quella del solvente). L’affinità è conseguenza della struttura della molecola da separare (il suo peso e la sua polarità, il numero di gruppi polari e la loro disposizione) e delle interazioni che si possono formare con il supporto e l’eluente. In base al supporto si possono avere differenti tipi di cromatografia. Tra i più comuni ci sono: cromatografia su colonna, cromatografia su carta, cromatografia su strato sottile (TLC). Il processo di cromatografia, che è in grado di separare miscugli complessi nei loro componenti sulla base della loro solubilità relativa nei diversi tipi di solvente, può contribuire ad identificare alcuni dei pigmenti utilizzati nella fotosintesi. Il solvente da cromatografia è non polare; è quindi da ricordare che solo le sostanze non polari si sciolgono nei solventi non polari. Più un pigmento è non polare e più tenderà a risalire insieme al solvente lungo la carta o lastra da cromatografia. Invece, più la sostanza è polare maggiore sarà la sua tendenza a rimanere ferma, strettamente legata all’acqua della fase fissa. Per questo motivo i diversi pigmenti fotosintetici tendono a separarsi sulla carta da cromatografia.

Metodica di laboratorio

  • Scopo dell’esperienza: estrazione e separazione dei pigmenti fotosintetici dalle foglie di spinaci.

  • Materiale occorrente: Lastrine TLC Silicagel (5×8 cm pronte all’uso, costituiscono un supporto microporoso che rende efficace la capillarità), becher da 250 mL, matita, righello, vetrino da orologio (per chiudere il becher), mortaio e pestello, 1 spatolina, capillari in vetro, 1 becher da 50 mL (per inserire l’acetone), 2 pipette in vetro, foglie di spinaci (fresche o scongelate), carote.

  • Liquidi da testare:
    Reagenti per l’estrazione dei pigmenti (dalle foglie di spinaci e dalle carote): 4 mL di acetone (CH3COCH3).
    Reagenti per la fase mobile: n-esano/alcol isopropilico/acqua (90:10:0,25). (eluente costituito da 100 mL di n-esano, 10 mL di alcol isopropilico e una goccia d’acqua (0,25 mL)). Formule: n-esano (C6H14), acqua distillata (H2O), alcol isopropilico (C3H8O).
  • Valutazione dei rischi: l’esano, l’acetone e l’alcol isopropilico sono infiammabili. L’esano è pericoloso per inalazione e irritante per contatto: lavorare sotto cappa aspirante e usare D.P.I. (camice, guanti e occhiali), eseguire l’esperienza solo in presenza dell’insegnante. L’esano è tossico a lunga durata per l’ambiente acquatico: i residui di questa esperienza non possono essere smaltiti nello scarico del lavandino ma negli appositi contenitori. L’acetone può causare lesioni oculari gravi/irritazione oculare e ha una tossicità specifica per gli organi bersaglio-esposizione singola (effetti narcotici, sonnolenza). L’alcol isopropilico è irritante per gli occhi e il tratto respiratorio, può provocare sonnolenza o vertigini.

  • Procedimento: prelevare alcune foglie di spinaci e inserirle nel mortaio. Macinare le foglie effettuando dei moti rotatori con il pestello e aggiungendo poco acetone alla volta (durata della fase circa 2-3 minuti). Fare riposare per 1 minuto. Nel frattempo tracciare con una matita, su una lastrina TLC Silicagel, una linea a 1 cm dal bordo inferiore e disegnare 2 punti entrambi ad un cm dal bordo laterale (sulla linea tracciata in precedenza). Con un capillare in vetro, prelevare il surnatante verde contenuto nel mortaio e, aiutandosi con un righello, seminare una goccia dell’estratto posizionando il capillare non al centro della lastra ma spostato a sinistra (ma non troppo vicino al bordo!). Lasciare asciugare 5 secondi. Ripetere l’operazione 4-5 volte cercando di sovrapporre le gocce più precisamente possibile. La macchia deve risultare verde cupo. Utilizzando un differente capillare, prelevare il surnatante della carota (la carota è stata preparata dall’insegnante in precedenza in laboratorio) e seminare una goccia dell’estratto arancione posizionando il capillare spostato verso destra rispetto alla lastra (né vicino al bordo, né troppo vicino alla goccia verde). Lasciare asciugare 5 secondi. Ripetere l’operazione 4-5 volte cercando di sovrapporre le gocce più precisamente possibile. La macchia deve essere arancione ben visibile. Nel becher da 250 mL si pone la lastra TLC Silicagel e si versa, con la pipetta in vetro, l’eluente (fase mobile: n-esano/alcol isopropilico/acqua) in modo che venga a trovarsi a circa mezzo cm sotto le macchie (verde e arancio). A questo punto si copre il becher con il vetrino da orologio per impedire che la parte alta della lastra si asciughi. Lasciare sviluppare la cromatografia e osservare quanto accade.
    Dopo 10-15 minuti togliere la lastrina e lasciare asciugare per 5 minuti. Successivamente osservare la lastra ponendola anche sotto la lampada UV.

  • Osservazioni: sulla lastra si possono osservare due tipi di clorofille verdi. La clorofilla a tendente al verde-blu (assorbe la luce rossa 600-700 nm e blu-violetta 400-500 nm), mentre la clorofilla b appare di colore verde oliva (assorbe la luce blu e arancione 590-625 nm). Nella striscia di carta da cromatografia dell’esperienza, la clorofilla b si trova più vicino alla linea di partenza. Sono presenti anche due tipi di pigmenti, che variano dal giallo all’arancione, chiamati carotenoidi; i caroteni tendono più all’arancione, le xantofille al giallo. Tutti e quattro i pigmenti presenti sulla striscia di carta si trovano nelle membrane dei tilacoidi dei cloroplasti. Sulla lastra, dall’alto verso il basso si osservano le seguenti linee di pigmenti: caroteni (pigmenti giallo oro-arancio, assorbono la luce verde circa 520 nm), violaxantina (pigmento verde-grigio), clorofille a (pigmenti verde-blu), clorofille b (pigmenti verde giallo-verde oliva), xantofille: luteina e neoxantina (pigmenti di colore giallo limone, assorbono la luce blu 440 nm). I pigmenti presenti in alto nella lastra che hanno minore polarità sono i caroteni, quelli più polari sono le xantofille e, nella lastra, si trovano più in basso.

    Le clorofille a e b contengono uno ione Mg2+, carico positivamente. Essendo questo ione polare e idrofilo, questa parte della struttura delle clorofille tende a farle rimanere vicine al punto di partenza.